IO STO BENE Donato Rotunno Lungometraggio, 95' - Tarantula, Vivofilm, 2020

Con diligenza - Dissociarsi - In forse - Fastidio naturale - Alfa stop - Antonio scrive - In una stanza - Battiti - Open the door - Senza ritorno - Colpo su colpo - Sottosera - Fuzzy track - Tre in auto

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Regia: Donato Rotunno - Sceneggiatura: Donato Rotunno - Fotografia: Jean Francoise Hensgens - Colonna sonora: Massimo Zamboni - Montaggio: Matyas Veress - Costumi: Magdalena Labuz - Trucco: Sandra Campisi - 

Renato Carpentieri - Alessio Lapice - Sara Serraiocco - Marie Jung - Vittorio Nastri

L'incontro tra una giovane donna e un anziano uomo cambierà il futuro di entrambi. In pieno lutto della sua donna, Antonio, è abitato dalle immagini della sua terra di origine, l'Italia. Léo, alla ricerca di un futuro fuori dal suo paese, incrocia la sua strada. Un gioco di specchi tra l'anziano e la giovane donna alla deriva ci permette di viaggiare nel tempo e di immaginare un futuro più sereno per tutti i due.

Due generazioni di gente che parte, quella che ha lasciato l’Italia negli anni ’60 e i giovani di oggi in cerca di fortuna all’estero. Un tempo si chiamavano emigranti, oggi si chiamano expat: tempi diversi, forse sogni diversi, ma lo stesso forte richiamo delle proprie radici. A raccontarli è il film Io sto bene di Donato Rotunno, presentato Fuori concorso ad Alice nella città nell’ambito della Festa del Cinema di Roma. Io sto bene intreccia in parallelo la storia dell’anziano Antonio Spinelli (interpretato da Renato Carpentieri e, nei flashback che lo rivedono giovane, da Alessio Lapice), emigrato dalla Puglia al Lussemburgo cinquant’anni fa, e la ventenne Leo (Sara Serraiocco), che invece lì è arrivata da poco, per realizzare il suo talento da “vj”. I due s’incontrano per caso: Antonio riconosce in lei le fragilità del suo primo periodo da emigrato e decide di aiutarla.

 "In Italia non ci torno più". E' la frase che il regista a Donato Rotunno, lussemburghese di origini italiane si sente dire spesso dai giovani italiani che decidono di cercare di costruirsi "un'ipotesi di vita e futuro migliore all'estero". Un senso di spaesamento che il cineasta esplora in Io sto bene, racconto tra passato e presente dell'incontro nell'oggi fra due migranti di generazioni diverse: l'anziano Antonio (Renato Carpentieri), arrivato dall'Italia in Lussemburgo negli anni '60, rimasto vedovo e ormai in pensione e Leopoldina detta Leo (Sara Serraiocco), giovane, talentuosa e ribelle dj (spicca la bella colonna sonora di Massimo Zamboni), il cui sogno di farsi un nome all'estero inizia seriamente a complicarsi.
    Un percorso di costruzione di fiducia reciproca, sorprese e confronto con le proprie scelte, che si alterna ai flashback sulla giovinezza di Antonio (Alessio Lapice), partito con il cugino e il suo migliore amico (Vito Nastri e Maziar Firouzi) per andare 'alla Germania' come si diceva allora, e finiti in tre Paesi diversi. Per Antonio, la vera apertura a quel mondo, all'inizio molto difficile da comprendere arriva quando incontra l'indipendente Mady (Marie Jung). Tuttavia il giovane uomo commette un errore difficile da perdonare.
    "Mi sembrava importante fare un film contemporaneo su quello che è successo ieri, continua ad accadere ancora oggi e che forse continuerà domani. Un incontro fra generazioni, ognuna con il suo bagaglio di storia" aggiunge Rotunno, che ha realizzato il film con una coproduzione Lussemburgo - Belgio - Germania - Italia. Per Sara Serraiocco, Leo "è una ragazza alla ricerca della propria identità. Vuole affermarsi, spera di incontrare persone che possano capirla e aiutarla. L'incontro con il personaggio di Carpentieri le fa capire che non è sola - sottolinea -. Lei è senza punti di riferimento, e questo è un aspetto che caratterizza la nostra generazione. E' come un animaletto coraggioso, combattivo e testardo". Sul set "si è creata subito una grande empatia fra tutti - aggiunge l'attrice -. Poi è stato un onore poter recitare con un grande come Carpentieri". ANSA Press

Vivofilm o Tarantula Film Luxemburg

Sulle note di Io sto bene dei CCCP (la bella colonna sonora è di Massimo Zamboni), Rotunno intreccia passato e presente raccontando qualcosa di molto personale: anche i suoi genitori sono emigrati dalla Basilicata in Lussemburgo negli anni Sessanta. «Noi italiani all’estero portiamo sempre dentro il tema del ritorno e delle radici: c’è chi lo digerisce in un modo, chi in un altro», ha detto il regista. «Senza la generazione dei miei genitori questa storia non avrebbe senso, ma volevo fare un film contemporaneo, non vintage su quello che è successo negli anni Sessanta. Perché quello che racconto accade anche oggi, forse accadrà anche domani. Volevo far incontrare generazioni diverse, ognuno col suo bagaglio».

La pellicola è principalmente in lingua italiana, ma in totale gli idiomi utilizzati sono quattro (italiano, francese, lussemburghese e inglese).