|
ANDARE VIA
Riflessioni su un'Italia traslocata
Massimo Zamboni
Sorella sconfitta - Gli altri e il mare - I treni per Reggio Calabria - Ora ancora - La mia patria attuale - Vedrai come è bello - Verso casa ASCOLTA UN BRANOMassimo Zamboni: voce, chitarra Erik Montanari: chitarra, backing vocals Cristiano Roversi: tastiera Simone Beneventi, percussioni, vibrafono midi
Tiziano Trotto Tecnico del suono (RSI Radiotelevisione svizzera) Luca Pelli Assistente tecnico di ripresa (RSI Radiotelevisione svizzera) Gianluca Verga Produttore (RSI Radiotelevisione svizzera) Grafica: Diego Cuoghi, su fotografie di Massimo Zamboni Fotografia di Massimo Zamboni: Andrea Dani Sorella Sconfitta, Gli altri e il mare, Ora ancora, La mia patria attuale, Verso casa: parole e musica Massimo Zamboni I treni per Reggio Calabria: parole e musica Giovanna Marini Vedrai come è bello: parole e musica Gualtiero Bertelli Prodotto e registrato presso la sede di RSI – Radiotelevisione Svizzera di Lugano, Marzo 2023 Da un’idea di Luca Zannotti (Musiche Metropolitane) e Massimo Zamboni A febbraio 2023 siamo stati invitati da RSI Radiotelevisione Svizzera presso gli studi di Lugano con lo richiesta di registrare una serie di canzoni che avessero come tema di fondo l’emigrazione, con l’intento di diffonderle presso le numerose comunità italiane residenti all’estero, proponendo loro una serie di pensieri musicati sul significato della partenza, dello sradicamento, della nuova appartenenza, del linguaggio. Andare via è il risultato di quelle giornate. Andare via. Per una conoscenza approfondita della genealogia familiare, so per certo che nessuno di noi è mai partito per non ritornare. Nessuno ha dovuto cercare fortuna o quantomeno un minimo benessere in paesi lontani, recidendo rapporti, condannandosi a un ritorno al tempo di festa o in occasione di elezioni politiche, ultimo spiraglio di appartenenza. Una situazione di privilegio, certamente, che a tutti ha consentito di non dover cominciare da capo il lavoro delle moltitudini precedenti. L’accento non è sulla fortuna economica, sempre variabile, impennata all’insù e all’ingiù, quanto sulla fortuna esistenziale, quella che trova il proprio futuro nutrendosi attraverso radici territoriali solide.
Eppure gli uomini si muovono. Vanno via. Traslocano, viaggiano, scappano, si mettono in salvo, ricominciano continuamente e da sempre. La lingua materna rimane in loro, per lungo tempo; la cultura – che è cucina, paesaggio esterno e interiore, spirito, pelle, carattere – rimane. È per salvaguardare questi residui che ci si ritrova tra connazionali altrove, in un affratellamento che il Paese originario non avrebbe garantito con eguale portata. È una patria traslocata quella che si va a costituire.
Paradossalmente sono proprio le ultime generazioni – mediamente benestanti, acculturate, plurilingue – a dovere immaginare una vita oltre frontiera. Nessuna miniera li attende, nessun cantiere edile, nessuna ferrovia da costruire, nessuna foresta da sradicare. Una manodopera senza mani e molto cervello che reclama attenzione e livelli di vita e di lavoro adeguati alla competenza acquisita. Un mondo luccicante sorride oltre cortina, ed è più che lecito accarezzare la voglia di andarsene da un Paese ammalato e irriconoscente come il nostro. Una parte ce la farà, inserendosi ottimamente nelle nuove comunità di destinazione; una parte no, continuerà a vagolare tra i continenti in cerca di una considerazione che non è garantita. E si ritorna, e si riparte, e di nuovo si va via. |