I SOVIET + L'ELETTRICITA' Cent'anni di rivoluzione russa Massimo Zamboni Contempo Records 2018

Manifesto / Senza domande / Roco rojo rosso / Guerra e pace / Gloria gracile / Spia delle cooperative / Breviario partigiano / Palazzo Masdoni / CCCP / Cupe vampe / Morire / Quasi tutti / Radio Kabul / Live in Pankow / Unità di produzione / A ja ljublju SSSR

  ASCOLTA UN BRANO

Massimo Zamboni: voce, chitarra - Angela Baraldi: voce - Max Collini: voce - Fatur: performance - Cristiano Roversi: basso, stick, tastiera - Erik Montanari: chirtarra, backing vocals - Simone Filippi: batteria, percussioni: Simone Beneventi: percussioni, vibrafono, melodica

Ideazione e regia: Massimo Zamboni / Produzione: Medials Live / Progetto luci: Mariano De Tassis / Costumi di scena: Simona De Santis / Grafica: Andrea Scarfone / Visuals: Piergiorgio Casotti / Fotografia: Riccardo Varini / Service audio: Promusic / Fonico: Stefano Corrias / Ufficio stampa: Alessandro Gambino per GDG Press

 

Recensione su Glitch - BOLOGNA – I Soviet + l’elettricità, un secolo di CCCP. La rivoluzione a teatro in una maestosa, travolgente opera rock, su echi lontani (ma non troppo) di punk melodico emiliano. Tra inni solenni, apparati oratori, palchi, tribune, simboli di partito e una scenografia capace di evocare tanto il rigore marziale dei comitati centrali quanto scenari post-apocalittici di matrice steam-punk/dadaista. Strizzando l’occhio a un immaginario contemporaneo che va da Mad Max a Star Trek. 

È andato in scena lunedì 13 novembre al Teatro Il Celebrazioni di Bologna il “comizio musicale” dedicato ai 100 anni della rivoluzione d’ottobre (1917-2017) di Massimo Zamboni, anima rossa e fondatore negli anni 80 dello storico gruppo punk-rock dei CCCP/CSI. Sul palco, in uno scenario futurista e futuribile fatto di immagini, suoni, musica, parole e declamazioni sonore, 100 anni della nostra storia più recente. Tra lande desolate, grandi ideali politico-culturali, fame, guerre, sogni, speranze e miti infranti. Uno spettacolo che “definire spettacolo è riduttivo”, una narrazione complessa e sconfinata portata in scena con una disarmante naturalezza e capace di parlare veramente a tutti: da chi quell’immaginario lo ha vissuto e condiviso a chi lo ha abbracciato ma rigettato perché si è sentito tradito, fino a chi di quell’epoca non ha mai incrociato null’altro che echi lontani e vive immerso in riferimenti culturali e linguaggi completamente differenti.

Una rappresentazione imponente, suggestiva, emozionante, travolgente. Che ha riempito il teatro nonostante la nevicata del pomeriggio e condizioni meteo decisamente proibitive per gli spostamenti, infiammando la platea come non era assolutamente scontato che fosse, sopratutto in un teatro.

Intime e toccanti le declamazioni sonore di Max Collini, figlio putativo e contrappunto perfetto al progressivo dilagare del redivivo repertorio dei CCCP/CSI (Roco Rosso, Guerra e Pace, CCCP, Militanz, Huligani Dangereux, Cupe Vampe, Morire, Radio Kabul, Live in Pankow, Spara Iuri), in larga parte adattato per l’occasione e ri-arrangiato a tre voci per essere riprodotto, in un’inedita e riuscitissima staffetta vocale, tra Massimo Zamboni, Max Collini e Angela Baraldi; un repertorio che ha elettrizzato il pubblico oltre i limiti dell’immaginabile in un contesto di sala e ha largamente passato il confronto, decisamente improbo sulla carta, con le versioni originali e i relativi, innominabili, fantasmi del passato. Insuperabile Angela Baraldi, per presenza sul palco oltre che alla voce, perfetto bilanciamento scenico di polarità opposta – femminile, marziale e futurista – alle incursioni sul palco dell’altrettanto impareggiabile Fatur – volta a volta reietto, operaio o militante dalla gestualità dadaista. Allo storico “artista del popolo”, non più leggiadro ed etereo come una volta ma perfettamente riconoscibile – e se possibile ancor più perturbante proprio in virtù della nuova fisicità – il ruolo di evocare il lato più primordiale, istintivo e primitivo della natura umana, nonché scenari post-apocalittici e rappresentazioni steam-punk/neo-dada di miserie passate pericolosamente somiglianti a medioevi prossimi venturi.

Un’opera stratificata ma anche spettacolare immediatamente fruibile che reinnesta nel linguaggio comune visioni complesse di polarità opposta, impedendo alla comunicazione – e alla cultura – di atrofizzarsi e restituendo significato a parole desuete come ideali, speranze, utopia, riscatto ed emancipazione. Naturale sviluppo in chiave corale, teatral-musicale e punkrock (o post-punk che dir si voglia) di quella stessa progettualità e teatralità che erano già contenute nella musica e nei live dei CCCP prima e dei CSI poi.

Sul palco scorrono immagini, spezzoni di testi, si alternano il rosso e il nero, fragori e silenzi, bruciano idoli fra cupe vampe, si fondono in un’unica colata di cera passato e presente, preludio a mille futuri possibili.

Il pubblico di Bologna accompagna tutto lo spettacolo con una partecipazione vivace che culmina nel finale in uno scroscio di applausi al limite dell’imbarazzante: venti minuti ininterrotti di ovazione – crescente – che emozionano la crew, umilmente schierata sul palco come un plotone per l’ispezione, inchiodandola affettuosamente in loco per un tempo infinito. Spettacolo nello spettacolo. Un successo su tutta la linea.

http://www.glitchmagazine.eu/musica/2017/11/15/i-soviet-lelettricita-un-secolo-di-cccp-in-una-grande-opera-punkrock/

Disponibile su doppio CD e LP info@contemporecords.it

Pankow Leningrad Togliattigrad, la Cortina di Ferro, il Muro, e poi ancora la Jugoslavia, la Cecoslovacchia... Nomi astratti, remoti come ricordi di scuola, come le estinte Cartagine o Babilonia. Il Patto di Varsavia, la DDR, l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, interi continenti inabissati nella voragine; come Atlantide. Imperi di uomini liberi e schiavitù, conquiste e sopraffazioni, carcere e intrighi, dedizione e religioni di Stato, a volte grandi liberalità sotterranee, più spesso no. Cosa è rimasto nell'immaginario collettivo di quei mondi? Di quel secolo novecento che ha fatto della liberazione dell'uomo dall'uomo uno dei suoi credo fondanti? Di quella luce che illuminava la strada degli oppressi? I Soviet + l'elettricità non hanno fatto il comunismo, questo l'abbiamo dovuto apprendere. Franata la velleità socialista che la rivoluzione potesse essere una locomotiva proiettata a folle velocità nel binario rettilineo del progresso, l'uomo si è scoperto come creatura complessa, fatta di spirito, bisogni, natura, modellato da secoli di storia e da retaggi millenari.

 

I SOVIET + L’ELETTRICITA’ è uno spettacolo ideato e diretto da Massimo Zamboni per il centenario della rivoluzione bolscevica del novembre 1917. Attingendo al linguaggio, alle parole d’ordine e ai simboli del socialismo reale, lo spettacolo evoca il mito infranto della rivoluzione: della rivolta degli oppressi, del potere agli operai e ai contadini, della società senza classi e senza sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Il mutamento epocale che riuscì a creare un immaginario collettivo per gli oppressi di tutto il mondo; il grande sogno che fece credere alla possibilità dell’uomo nuovo. Nel secolo odierno quelle passioni accese dalla rivoluzione d'Ottobre sono rimaste intrappolate nei libri di storia, e forse l'unico modo sensato di riparlare oggi di CCCP, di ricordare la presa dei Palazzi d'Inverno, è tornare a dar vita alle parole di allora, scontrandole con quelle dell'oggi, elaborandole in un testo drammaturgico moderno che non teme l'enfasi, l'utopia, ma nemmeno la disperazione.

 

Il tour parte il 7 Novembre 2017 dal Teatro Augusteo di Napoli.

Su questa data iniziale Massimo Zamboni ricorda:

Lenin torna dove è stato già. Lo sapevate? Napoli e Capri sono state l'unica parentesi mediterranea nella vita di Lenin, quando, nel 1908 e 1910, vi si recò per incontrare il poeta Maksim Gorkij, esule su quell'isola. Chissà se gli umori ribollenti della città sono entrati in Lenin, e da lui trasferiti nella madre patria Russia.... Anche per queste coincidenze è bello cominciare il nostro tour proprio da Napoli.

 

Prosegue poi il 12 Novembre Teatro Verdi Firenze; 13 Novembre Teatro Celebrazioni Bologna; 15 Novembre Teatro Giovanni da Udine Udine; 20 Novembre Teatro Colosseo Torino, 7 Dicembre Palazzo dello Sport Bigi Reggio Emilia

Toccherà anche Milano, Roma e altre città italiane

 

Lo spettacolo

 

Sul palco dominano gli elementi classici dell'iconografia sovietica: il podio e le tribune d'onore. Strutture per cerimonie politiche, solenni e oppressive allo stesso tempo, dove i cantanti diventano oratori, i musicisti membri di un Partito, il gruppo musicale Apparato. Alle proiezioni filmate il compito di segnalare il momento storico e le sue possibili interpretazioni, al performer il ruolo di assumere i contrasti su di sé, lasciandoli esplodere. La struttura musicale, tratta in massima parte dal repertorio di CCCP-Fedeli alla Linea, cavalca la linea larghissima che congiunge la celebrazione allo sgomento, la scenografia ufficiale alla fragilità del singolo. Canzoni che scivolano le une nelle altre mescolandosi alla parola recitata, agli slogan, alle sonorizzazioni, alle performance, alle proiezioni. Nessun concerto rock ma una azione teatrale-musicale per una drammaturgia complessa e articolata, costituita in pieni e vuoti. Sarà tutto il '900 a trascorrere sul palco, attraverso la rievocazione, l'alternanza dei momenti più dolorosi (lo stalinismo, le dittature, la guerra in Afghanistan, nei Balcani) e più alti e solenni, a costituire una celebrazione dedicata all'ambizione che anima le vite degli uomini: quella di sentirsi uguali e padroni del proprio destino.