PECORE IN TRANSITO Meditazione tra inconscio e presente Adriana Dossi, Gigi Corsetti Valla, 2019

Affaticato - Omm - La golena - Meditazione invernale - Notturno con satellite

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Produzione: Giuseppina Valla - Regia: Adriana Dossi, Gigi Corsetti - Realizzazione: Soc. Coop. Multimagine, BG - Musiche: Massimo Zamboni, Luca Pina 

Grazia Honegger Fresco, Alfredo Gianolio, Giuliano Tosi, Giuseppina Valla, Clementina Belledi (moglie di Serafino Valla), Simone Terzi, Massimo Zamboni

IL PAESAGGIO nelle opere di Serafino: ordine e ripetizione di forme, colori e ritmi nel silenzio introspettivo delle sue “teste chine”. Individualità e originalità fuori da contesti accademici e difficilmente riconducibili a generi codificati. 

- La Natura, protagonista della vita e delle opere di Serafino Valla, lo porta a vivere il mistero dell’arte e a coglierne la spiritualità.

- La responsabilità dell’artista che “non perde mai la fiducia nella coscienza personale, in rapporto a quella fede che nemmeno il pensiero regge” e porta fuori da sé, con coraggio e fedeltà, il suo messaggio attraverso le sue opere.

Serafino Valla, nato a Casoni di Luzzara nel 1919, primogenito di Antonio Valla e Beniamina Musi, dopo una vita intessuta di drammatiche vicende ma confortata dalla passione per l'arte e la filosofia, è deceduto quasi centenario a Reggiolo nel 2014. Sin dalla prima infanzia la sua vita è stata contrassegnata da un continuo peregrinare perchè il padre, di professione casaro, sbagliando sistematicamente le forme di formaggio, veniva licenziato ed era sempre alla ricerca di un altro caseificio disposto ad accoglierlo. A causa di questo modo di vivere, il figlio iniziava la classe in un paese e la terminava in un altro. Trovarsi a frequentare una doppia scuola con due diverse maestre, non avendò inoltre la solidità di amicizie durature, è stato per lui un intralcio notevole che causò numerose ripetizioni che lo portarono a finire la quinta elementare a Luzzara, a quasi quindici anni. Nella scuola si sentiva sempre isolato. I compagni, ritenendolo un po' strano, lo escludevano dai giochi. Per uscire da questo accerchiamento, si avvalse della sua facoltà di esprimersi con le immagini, un linguaggio figurativo nel quale sintetizzava pensieri e sentimenti. Provava una grande gioia quando la maestra appendeva i suoi disegni alle pareti dell'aula. Divertiva poi i suoi compagni facendo spettacoli con burattini di legno da lui stesso intagliati. Ma, più che con i compagni, preferiva trascorrere il tempo camminando tra i campi o lungo l'argine del Po, il grande fiume che rappresentava per lui un mistero. Dove le cose andavano peggio fu nella sua stessa famiglia, principalmente in quanto il padre, ritenendolo figlio illegittimo nonostante fosse a lui molto somigliante, maltrattava per gelosia la moglie, mentre percuoteva ed emarginava il figlio. Il contrasto si accrebbe per competizione nella produzione del formaggio grana, con l'utilizzo di tecniche moderne da parte del figlio e con fallimentare metodo tradizionale da parte del padre.
 

Esasperato dalla situazione continua e duratura di conflitto col padre, il giovane Serafino nel novembre del 1938 si arruolò volontariamente nell'Esercito e partecipò nel 1940 ai combattimenti sul fronte francese, mentre, nel novembre del 1941, partecipò con il C.S.I.R. alla campagna di Russia. Fu ferito da una bomba ad una gamba e venne trasferito all'ospedale di Bucarest dove, grazie a cure efficaci e all'avanguardia, gli salvarono l'arto lesionato dall'incubo dell'amputazione. Rientrò a Luzzara in convalescenza. Fu la sua fortuna perchè se non fosse stato ferito sarebbe morto di freddo, di fame o per un colpo di arma da fuoco come accadde per tanti suoi commilitoni. Nella vastità delle steppe russe era rimasto incantato dai paesaggi, che riprodusse su quaderni, aiutandolo ad estraniarsi dalle terribili circostanze. Nel dopoguerra continuò a lavorare nel settore caseario prima in famiglia, dove però i conflitti che lo avevano portato all'arruolamento erano rimasti invariati, e successivamente a Milano per qualche anno come venditore di formaggio. Ritornato nella sua Luzzara, accanto al Po, e poi successivamente a Reggiolo, dove andò sposo a Belledi Clementina nel 1955, con la quale gestì un newgozio di generi alimentari, trovò quella tranquillità e quella pace che gli permisero di dedicarsi alla pittura e alla scultura.
 

Scriveva anche 'massime', le quali vennero pubblicate ed apprezzate dai docenti in filosofia Lando Orlich e Franco Canova. Espose inizialmente i suoi quadri sotto i portici del Caffè Sport di Luzzara affinchè fossero visti e giudicati direttamente dalla gente del posto. Casualmente passò Cesare Zavattini che, ammirato, si soffermò a lungo a un tavolo con lui e, conosciuta la sua storia, gli disse: "Ma tu Valla ne hai passate più di me ..."


La sua attività artistica si andrò intensificando, facendosi apprezzare anche internazionalmente. Citandone alcuni ricordiamo l'accettazione e la premiazione al Concorso Nazionale dei Naifs di Luzzara in diverse edizioni, la partecipazione a esposizioni a Reggiolo, Guastalla, Suzzara, Bussolengo, Bologna, Parma, Reggio Emilia, San Benedetto Po, Mantova, Camaiore, Viareggio, Lecco, Milano, Varenna, Foggia, Carpi, Messina, Napoli, Gualtieri, Bagnolo San Vito, Moglia, Zagabria, San Polo, Brescello, Zurigo, ecc... Opere di Valla si trovano nel museo di Luzzara, in Jugoslavia, Svizzera, Francia, Spagna e Olanda. Una sua testimonianza si trova sul libro di Sandro Spreafico: "Il mito, il sacrificio, l'oblio". I documentari cinematografici "La Ballada" di Walter Marti (1980 Zurigo) e "I lupi dentro" di Raffaele Andreassi (1991 Roma) rappresentano momenti della vita e dell'arte di Valla. Il suo diario è custodito nell'Archivio Diaristico Nazionale a Pieve Santo Stefano, Arezzo. Hanno scritto su Valla: Cesare Zavattini, Dino Menozzi, Nevio Iori, Marzio Dall'Acqua, Dino Villani, Alfredo Gianolio, Giorgio Crema, Lando Orlich, Ottavio Sacco, Guido Mazzarella, Giovanni Negri, Walter Marti, Fritz Billeter, Franco Canova, Anna Maria Pedretti, ecc...
Citiamo infine questa osservazione di Valla quale sintesi della sua poetica: "Le teste chine dei miei quadri sottolineano che l'uomo deve guardare in se stesso per avere le esatte proporzioni delle espressioni di tutto ciò che lo circonda".

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Telefono: 380-3338488

Email: info@serafinovalla.it

E’ nei primi anni ’70 che Alfredo Gianolio comincia a raccogliere su nastro, dietro sollecitazione di Cesare Zavattini, il racconto orale delle esistenze dei pittori naïf vissuti o viventi intorno al Po, Gianolio parte dalla convinzione che «tutti al fondo della loro coscienza sono naïf, perfino i direttori di banca». Nell’inventario umano di ‘vite sbobinate e altre vite’ è presente anche il racconto di Serafino Valla, ed è proprio il testo ‘Vite sbobinate’ a portare l’autore Gianolio il 7 luglio a Bergamo. E’ il 2015 e Serafino è morto da circa un anno, c’è la figlia Giuseppina, con il materiale di suo padre che dona ad Adriana. Dalle immagini delle opere di Serafino Valla presenti nel catalogo nasce la visione di un’opera e quel 7 luglio dedicato alle vite sbobinate è presente come fotografo Gigi Corsetti altro protagonista fondamentale nella realizzazione dell’opera.

Da quel momento i tempi corrono veloci e in luoghi diversi e suggestivi (Sabbioneta, S.Agata, InDisparte) attraverso mostre e performances si rende manifesta l’opera e il messaggio dell’artista Serafino Valla. La visione originaria su di lui è quella di un film, come fosse la sua ultima opera, il film che tanto desiderava. E a gennaio 2017 grazie all’impegno della famiglia si comincia a realizzare concretamente l’idea del film. 

Attraverso tracce autobiografiche con intenzione e lucidità lasciateci dall’artista, il film ripercorre la sua vita e mette a fuoco il suo messaggio artistico umano e sociale.

Le immagini dei quadri di Serafino Valla, i colori e le forme, la materia delle sculture, gli aforismi e gli altri suoi scritti, sono i protagonisti del film, con i racconti e le importanti riflessioni offerte da chi ha conosciuto l’artista e le sue opere.