100 ANNI Davide Ferrario Rossofuoco / RAI Cinema - documentario durata 85'

Di lunedi - Trst - Zzu ga - Cranja - Ad ora incerta - L'ovvio diritto al nucleare di una vergine iraniana - Scarto storico - Persona non grata

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regia Davide Ferrario

soggetto Giorgio Mastrorocco

sceneggiatura Davide Ferrario
Giorgio Mastrorocco

montaggio Cristina Sardo

fotografia Andrea Zambelli
Andrea Zanoli

suono e mix Vito Martinelli

montaggio suono Francesco Morosini

musica Fabio Barovero
Massimo Zamboni

produttore esecutivo Ladis Zanini

prodotto da Davide Ferrario
Francesca Bocca

una produzione Rossofuoco
con RAI Cinema

con il supporto di Friuli Venezia Giulia Film Commission
Regione Emilia-Romagna
Piemonte Doc Film Fund
Regione Piemonte

collaborazione di Lab 80 film

e con la collaborazione di Casa della Memoria di Brescia

 

Mario Brunello
Diana Hobel
Fulvio Falzarano
Laura Bussani
Marco Paolini
Gabriele Benedetti
Franco Arminio
Fabio Nigro

Prologo
Mario Brunello suona Havun Havun, un’antica melodia armena, all’Ara Pacis di Medea (GO), mentre scorre un montaggio di immagini di cimiteri e sacrari della Prima Guerra Mondiale.

1917
Cinque attori ci raccontano l’altra faccia della disfatta di Caporetto: cosa è successo ai civili, ai profughi, agli orfani, ai prigionieri di guerra. I loro racconti sono ambientati in luoghi che segnano altre Caporetto italiane del ‘900, dalla Risiera di San Sabba al Vajont. Poi, naturalmente, c’è il Piave; e poi, Vittorio Veneto. Ma noi italiani impariamo più cose su noi stessi dalle sconfitte che non dalle vittorie.

1922
Una storia tratta dal libro L’eco di uno sparo di Massimo Zamboni. La vita del nonno fascista dello scrittore, fino alla sua morte per mano di due gappisti, nel 1944. Diciassette anni dopo, uno dei due partigiani uccide l’altro. Le speranze della Resistenza non si sono realizzate allo stesso modo per tutti.

1974
La strage di piazza della Loggia a Brescia, narrata attraverso interviste a chi c’era e a chi ha perso qualcuno. Ma, passando da una generazione all’altra, anche ai giovani che da quei caduti discendono e a chi oggi, pur arrivando da un altro paese, si sente italiano.
A cosa servono i morti? A capire le ragioni per cui sono morti – come dice Manlio Milani, presidente dell’Associazione Familiari Vittime della Strage.

Oggi
A cosa servono i vivi?
Cent’anni dopo la Caporetto militare oggi siamo di fronte a una Caporetto demografica. L’Italia si spopola, il Sud in particolare, e ancora di più le sue aree interne. Accompagniamo Franco Arminio, poeta e attivista, in giro per l’Irpinia d’Oriente e la Basilicata chiedendoci se ancora un’utopia è possibile.

 

L'idea di Cento anni è venuta a Giorgio Mastrorocco, con cui in questi anni ho realizzato una trilogia sulla storia italiana le cui due prime parti sono Piazza Garibaldi (2011) e La zuppa del demonio (2014). Film che per mancanza di termini migliori definiremo “documentari”, ma che certamente hanno poco del documentario tradizionale. Tre anni fa, pensando all’anniversario di Caporetto, Giorgio mi ha detto: ma perché noi italiani abbiamo sempre bisogno di una catastrofe per mettere in moto le energie migliori della nazione?

È vero: perché per vincere la Grande Guerra abbiamo dovuto subire una vergognosa disfatta? Perché, prima di riscattarci con la Resistenza, abbiamo inventato il fascismo? Lo schema caduta-risurrezione è in effetti una costante del nostro Novecento, in tutti i campi: militare, civile, economico, perfino sportivo. Cento anni, il cui progetto è stato subito sposato da Rai Cinema, è la ricognizione cinematografica su un secolo di disastri e di riscatti, dal 1917 fino all’ultima Caporetto, attualmente in corso: quella demografica, narrata osservando lo spopolamento delle zone interne del Sud.

Confesso che mi ero accostato alle riprese con un pensiero inconsapevole: il gusto di narrare la decadenza, la sconfitta, il male del Paese. Mostrarlo e compiacersene è una tentazione classica dell’intellettuale, forse del carattere italiano tout court. Ma lavorando sul campo la prospettiva si è ribaltata. Il nostro popolo ha un'incredibile capacità di resistenza, un suo modo peculiare di elaborare il disastro, una resilienza biologica e culturale che alla fine prende il sopravvento. Il film prova a raccontarla senza la retorica dell'happy end, perché le sconfitte implicano comunque un prezzo da pagare: il fascismo abbattuto, per esempio, non è scomparso dalla storia.

D'altra parte, come racconta Prezzolini, quando si diffuse la notizia della resa degli austriaci, dalle trincee non si levò il grido di "Vittoria!", bensì di "Pace!". Il popolo sa essere saggio a modo suo. E come dice un vecchio in un bar del Sud alla fine del film: "Il futuro non accade mai come te lo immagini". Il che – contro ogni evidenza – ci lascia una speranza per quello che aspetta le giovani generazioni.

Davide Ferrario

foto trailer

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Materiali stampa www.lab80.it/pressarea

UFFICIO STAMPA LAB 80 FILM Sara Agostinelli

+39 329.0849615 +39 035.5781021 +39 035.342239

Note di regia

Cent’anni fa, Caporetto. Nasce il paradigma tutto italiano della catastrofe che porta al riscatto. Quante ne abbiamo viste, da allora, in tutti i campi: militare, civile, economico, sportivo, politico... Come popolo, abbiamo bisogno della sconfitta: “La tragedia necessaria” titola Mario Isnenghi un suo libro di studi storici. Ecco allora quattro Caporetto della nostra storia: quella originale; il fascismo e la guerra civile che ne consegue; la strage di Piazza della Loggia; e la Caporetto contemporanea - quella demografica. Ciascuna narrata con uno stile radicalmente diverso, perché il “documentario" non può essere solo il suo contenuto, ma deve essere anche una riflessione sul cinema e sui modi della messa in scena. Dopo Piazza Garibaldi e La zuppa del demonio, l’ultima puntata della mia trilogia sulla storia italiana.DAvide ferrario