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SBAGLIATE
She wrong
Daria Menozzi, Elisabetta Pandimiglio
Autrici + Altera Studio, 2014 - 67'
Pied beauty - Quando se non ora Soggetto, sceneggiatura, produzione: Daria Menozzi, Elisabetta Pandimiglio - Musiche: Massimo Zamboni - Montaggio: Marzia Mete Cristina Fibbia, Valeria Licurgo, Carla Mancinelli, Ivana Valentini
No-children. Per certe donne è una condanna, per altre una scelta. Sono sbagliate per questo? Se lo chiedono Cristina, Ivana, Carla, Valeria e le altre mentre affrontano una quotidianità fatta di lavoro e tavoli da apparecchiare, cura degli altri e cura di sé. Vite normali, ma un’idea ancora percepita come anomala, forse deviante: quella di non voler diventare madri. In una riflessione collettiva che si allunga su tre anni di riprese si intrecciano pensieri in mutamento e segreti mai rivelati, a volte neanche a se stesse. La parola si fa consapevolezza, coscienza, politica. E come sempre accade la vita porta novità, piccole metamorfosi, vere e proprie rivoluzioni.
“Scusi, lei è una figliata o una sbagliata? Parte da una domanda tutta da decifrare il bel documentarioSbagliate di Daria Menozzi ed Elisabetta Pandimiglio, le due documentariste che al Biografilm Festival di Bologna hanno ricreato una vivace atmosfera settantasettina. Autocoscienza femminista in gran rispolvero nella piazzetta del festival che accoglie il dibattito post-proiezione. Al centro, le autrici presentano questo lavoro focalizzato su quelle donne, oggi cinquantenni e passa, che hanno deciso più o meno consapevolmente di non fare figli. La prima generazione di italiane che ha potuto scegliere se essere madre o meno. Il perché del tornare a domandarsi su quella scelta, lo chiediamo alle due autrici. ![]() Davanti a una tavola apparecchiata, sul divano, al salone di bellezza, Cristina, Ivana, Carla, Valeria, le altre, si raccontano. Le accomuna la scelta di non essere madri che, secondo il pensiero comune, le rende sbagliate. Finiscono per scambiarsi segreti mai rivelati, a volte neanche a se stesse. Dalle storie nasce una riflessione collettiva. La parola si fa consapevolezza, coscienza, politica. Durante tre anni di riprese, la vita porta piccole e grandi novità. Per alcune, veri sconvolgimenti. Ecco il trailer di SBAGLIATE, il documentario di Elisabetta Pandimiglio e Daria Menozzi, orgogliosamente coprodotto da Altera Studio Quando si trova il coraggio di confessarlo, di ammettere che la non maternità è stata proprio una scelta, è frequente sentirsi definite: aride, anaffettive, infantili, insensibili, egoiste, fallate. Nell’immaginario collettivo, è meno difficile individuare le cause che possono indurre una donna ad eliminare il figlio già messo al mondo: crisi post-partum, troppo amore che genera paure incontrollabili come quella dell’anormalità, della potenziale inadeguatezza ad una società difficile; raptus di follia; deprivazione culturale ed economica. Per una donna che decide volontariamente di non essere madre, pur avendone le condizioni, non esistono motivi plausibili, perché non è naturale, non è normale. Eppure sono molte, sempre di più – soprattutto dalla generazione nata tra fine anni ’50 e anni ’70, quella delle conquiste femminili – ad avere rinunciato alla maternità. E sembrano destinate ad aumentare. Negli Usa è nata un’associazione che riunisce chi non ha nessuna intenzione di fare il genitore “Childfree by choice”. Si comincia a riflettere sul “fenomeno delle childfree”, donne contemporanee che, consapevolmente e senza rimpianti, fanno questa scelta. Forse da una semplice tendenza si sta già affermando una nuova cultura, ma la mentalità è lenta a cambiare e i momenti di transizione sono sempre i più duri per chi li vive. Magari è per questo che in Inghilterra, nascono gruppi di supporto per aiutare le childfree a sentirsi normali. La filosofa francese Elisabeth Badinter, nei suoi saggi, smantella il mito dell’istinto materno, dimostrando che l’amore di madre è soltanto un sentimento e come tale dunque non scontato, ma incerto, fragile, imperfetto. Ci sono, però, paesi come il nostro dove tutto questo sembra essere ignorato o sbrigativamente liquidato nel problema spinoso della crescente denatalità, nuova piaga sociale che cresce e fa temere la cancellazione del futuro umano. Che non esista una legge universale, lo dimostra il comportamento delle donne nei secoli, la variabilità degli atteggiamenti, a seconda del contesto sociale e familiare oltre che personale e culturale. E allora perché si riconosce, alla retorica maternalista dominante, il diritto di emarginare chi non si adegua all’assoluto materno? Chi ha stabilito che l’identità femminile si autodefinisca esclusivamente attraverso il ruolo della brava madre? Se così fosse, perché, mai come in questo momento, ci sono madri che balzano alla cronaca come assassine dei propri figli? Cosa si nasconde dietro il clamore di questi casi? A quante madri è capitato di pensarsi, almeno una volta, capaci di un gesto violento contro il proprio figlio. Sono loro i veri mostri o piuttosto una società, spietata verso chi rivendica il semplice diritto di scegliere? Reprimere l’ambivalenza che esiste in ogni essere umano, attraverso la retorica dei sani e irriducibili sentimenti, non può che generare “mostri”. Se in passato la mancanza di figli era conseguente alla deprivazione materiale o ai cambiamenti sociali radicali, oggi certamente l’avere o non avere figli deriva da una combinazione di fattori come la propria impostazione di vita, le condizioni economiche, il difficile rapporto con il mondo lavorativo, maggiori opportunità di occupazione e di carriera per le donne, l’atavico atteggiamento non collaborativo dell’uomo, lo stile di vita, la complessità dei legami relazionali, l’assenza di politiche concrete di sostegno nella cura dei figli |